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Differenza tra Struttura Ricettiva, Locazione Turistica e Affitti Brevi: la guida completa 2025

Aggiornato ad agosto 2025 — Questa guida ti aiuterà a capire le principali differenze sul piano giuridico e fiscale tra strutture ricettive, locazioni turistiche e affitti brevi. Analizzeremo definizioni, inquadramento fiscale e alcune norme di riferimento, con esempi pratici.

Quante volte abbiamo sentito pronunciare una frase del tipo “come stanno andando gli affitti della tua casa vacanza in Toscana?”. Nel lessico comune infatti la definizione di casa vacanza si adatta a qualunque forma di alloggio che preveda affitti a breve termine a turisti. Eppure, dal punto di vista della normativa italiana, non c’è nulla di più sbagliato: nel nostro ordinamento infatti la casa vacanza si configura come una vera e propria tipologia di struttura ricettiva (come un hotel, un B&B o un agriturismo) e per tale ragione, per rientrare in tale categoria, la struttura deve rispettare tutti i requisiti peculiari imposti dalla Legge; se ciò avviene il gestore avrà l’opportunità di offrire ai propri clienti servizi turistici aggiuntivi (ad esempio un’escursione a pagamento nei dintorni della struttura organizzata dal gestore e pagata dagli ospiti come extra).

I servizi accessori sono invece esplicitamente vietati nel caso di semplici appartamenti o ville destinati ad affitti brevi, che non sono in alcun modo considerati strutture ricettive dall’ordinamento italiano e per i quali la definizione di casa vacanza risulta del tutto inappropriata. Varie sono poi le differenze dal punto di vista fiscale e amministrativo tra le due forme di ospitalità. Pertanto, per chi si affaccia al mondo dell’ospitalità per farne la propria professione (oppure una importante fonte secondaria di reddito) è importante avere le idee chiare sulle tipologie di strutture destinate ad accogliere turisti previste dalla normativa italiana, al fine di comprendere non solo quali sono i limiti e le possibilità della categoria che si è scelta per gestire il proprio immobile ma anche le opportunità celate in un eventuale diverso inquadramento giuridico e fiscale.

Per cominciare, occorre affermare che il quadro normativo italiano in materia di turismo è molto frammentato. Le definizioni, i requisiti e i limiti delle strutture ricettive variano in modo significativo da Regione a Regione. Ciò che è considerato non professionale in Lombardia potrebbe essere visto come attività d’impresa in Toscana. Per questo motivo, è assolutamente fondamentale che chiunque voglia avviare un’attività di questo tipo si rivolga agli uffici turistici o alle associazioni di categoria della propria Regione e del proprio Comune per avere un quadro chiaro e aggiornato delle normative locali. La frammentazione è diretta conseguenza della riforma del Titolo V della Costituzione entrata in vigore a seguito del referendum costituzionale del 2001, che ha reso il turismo una materia concorrente tra lo Stato e le Regioni. Quando il governo ha tentato di intervenire con una normativa organica valida su tutto il territorio nazionale, attraverso il Codice del Turismo (D.Lgs. 79/2011), la Corte Costituzionale è prontamente intervenuta per abrogare gran parte delle norme in esso contenute. Pertanto sono oggi le singole Regioni a definire le diverse tipologie di strutture ricettive, i criteri di classificazione e gli obblighi di comunicazione.

Cerchiamo tuttavia di tracciare un quadro nazionale il più possibile omogeneo e cominciamo dunque con l’affermare che l’ordinamento italiano opera una distinzione fondamentale tra le strutture ricettive vere e proprie e le altre tipologie di alloggi destinati all’accoglienza dei turisti, nel quale rientrano le locazioni turistiche, comunemente dette affitti brevi o Airbnb, dal nome del più noto portale su cui sono pubblicizzate.

A) Strutture Ricettive

Le strutture ricettive sono disciplinate da norme nazionali e regionali che stabiliscono per ciascuna categoria i criteri di classificazione, i requisiti strutturali, igienico-sanitari, di sicurezza, i servizi offerti e gli obblighi amministrativi e fiscali. L’obiettivo delle norme è garantire standard elevati e tutelare il turista da sgradite sorprese, come l’assenza di servizi ritenuti essenziali per un piacevole soggiorno. La normativa che impone la registrazione degli ospiti in Questura (art. 109 del T.U.L.P.S.) svolge anche un ruolo nell’ambito della tutela dell’ordine pubblico, permettendo alle Autorità di Pubblica Sicurezza di controllare e monitorare gli spostamenti sul territorio, per finalità di lotta al terrorismo, controllo dell’immigrazione e prevenzione di reati. Tra i requisiti delle legislazioni regionali per le strutture ricettive compaiono ad es. il numero minimo e massimo di camere, la disponibilità di servizi igienici privati o comuni, la presenza di una reception, di spazi comuni, il servizio di pulizia giornaliera, le dotazioni delle camere e quant’altro. In generale si può affermare che le strutture ricettive possono essere suddivise in tre gruppi: Strutture Ricettive Alberghiere, Strutture Ricettive Extralberghiere, Strutture Ricettive all’Aria aperta.

Categorie di Strutture Ricettive

  • Alberghi (Hotel): sono le strutture ricettive più tradizionali. Devono avere un numero minimo di camere e posti letto, offrire servizi comuni come la reception e sale comuni, e garantire pulizia giornaliera. Sono classificati in base a un sistema di stelle (da 1 a 5) che ne indica la qualità e i servizi offerti.
  • Alberghi Diffusi: Un modello di ospitalità tipicamente italiano. Si tratta di un’unica struttura gestita in modo unitario, ma con camere e servizi dislocati in edifici diversi all’interno di un centro storico o un borgo.
  • Residenze Turistico-Alberghiere (Residence): offrono alloggio in unità abitative (appartamenti o monolocali) arredate e dotate di cucina. Pur fornendo servizi di tipo alberghiero, come la reception e la pulizia periodica, permettono agli ospiti di gestire in autonomia i pasti.
  • Villaggi Turistici e Campeggi: i Villaggi Turistici offrono alloggio in unità abitative indipendenti (bungalow, case mobili) all’interno di un’area recintata. Sono caratterizzati da un’offerta ampia di servizi e attività ricreative, sportive e di intrattenimento. I Campeggi sono aree attrezzate per la sosta e il pernottamento in tende, camper o roulotte, e possono offrire anche servizi ricettivi in unità prefabbricate.
  • Bed & Breakfast (B&B): si tratta di strutture ricettive a gestione familiare che offrono alloggio e prima colazione. L’attività è svolta generalmente nella propria residenza e con un numero limitato di camere. Possono essere a gestione imprenditoriale o non imprenditoriale, se l’attività è saltuaria.
  • Affittacamere (Guest House): simili ai B&B, ma non hanno l’obbligo di servire la prima colazione. Offrono un servizio di alloggio e, in base al regolamento regionale, possono essere gestite in forma imprenditoriale o non imprenditoriale.
  • Case e Appartamenti per Vacanze: sono immobili singoli o complessi di immobili gestiti in forma imprenditoriale o non imprenditoriale per offrire alloggio a turisti senza la fornitura di servizi centralizzati. A differenza degli alberghi, non offrono servizi tipicamente alberghieri come la pulizia quotidiana o la reception 24h.
  • Agriturismi: sono strutture ricettive che offrono ospitalità e/o ristorazione in aziende agricole. L’attività ricettiva deve essere connessa e complementare all’attività agricola principale, che deve rimanere prevalente. I servizi offerti, come l’alloggio e la ristorazione, devono essere legati alla produzione agricola aziendale.
  • Ostelli per la Gioventù: sono strutture che offrono ospitalità principalmente in camere comuni (dormitori) e a tariffe accessibili, rivolte in particolare a giovani e viaggiatori a basso budget.
  • Case per Ferie: Strutture gestite senza scopo di lucro da enti pubblici, religiosi o associazioni, che offrono ospitalità a gruppi (famiglie, giovani) per finalità sociali, culturali o religiose.
  • Rifugi Alpini ed Escursionistici: si trovano in aree montane e offrono ospitalità e ristorazione a escursionisti, sciatori e alpinisti. Sono caratterizzati da un’offerta di servizi essenziali e sono solitamente gestiti da enti o associazioni.

Alcuni esempi concreti

Consideriamo ora come questa classificazione sia utile per inquadrare correttamente un immobile che si vuole destinare a struttura ricettiva.

Mettiamo per esempio che si disponga di un’unità immobiliare composta di varie stanze di diverse dimensioni e che si voglia alloggiare i turisti in ciascuna stanza in modo indipendente: nella maggior parte delle Regioni italiane si potrà configurare questa struttura come Bed & Breakfast solo se chi la gestisce ha la residenza all’interno dell’unità immobiliare e solo se questa dispone di una sala adibita ad uso comune dove il gestore dovrà fornire la colazione al mattino (un servizio accessorio specifico di questa categoria di struttura ricettiva). Qualora non siano soddisfatte queste condizioni, si dovrà inquadrare la struttura come affittacamere.

Ancora, immaginiamo di disporre di un immobile ampio al cui interno sono state ricavate tre unità abitative indipendenti, ciascuna munita di cucina. Se nella struttura non c’è una reception, e se non vengono forniti alcuni servizi base di natura alberghiera, la struttura non può essere inquadrata come Residenza Turistico-Alberghiera (Residence) ma dovrà invece essere qualificata come Casa Vacanza. Un’unica Casa Vacanza composta di tre unità abitative indipendenti.

Regime fiscale delle strutture ricettive

La gestione di una struttura ricettiva è generalmente considerata un’attività d’impresa: è questa la prima e fondamentale differenza tra le strutture ricettive e gli affitti brevi, i cui ricavi sono invece considerati dal punto di vista fiscale alla stregua dei redditi conseguiti per il tramite dei comuni contratti di affitto a lungo termine e dunque non costituiscono, di norma, redditi d’impresa. La differenza si concreta nei due casi nell’applicazione di tasse sui ricavi di diversa natura e denominazione, oltre che negli obblighi, in capo a chi gestisce un’attività d’impresa, di apertura della partita IVA, di iscrizione alla Camera di Commercio, di applicazione dell’IVA sui ricavi e del versamento periodico dell’IVA dovuta allo Stato (tuttavia questi ultimi due obblighi non sussistono in caso di opzione per il regime fiscale forfettario, a patto che si rimanga entro il limite dei ricavi annuali previsto dalla Legge).

Dal punto di vista fiscale non esiste però un’equivalenza automatica struttura ricettiva = redditi d’impresa e neppure affitti brevi = redditi fondiari (da affitto), seppure queste affermazioni risultino valide nella maggior parte dei casi. La normativa italiana ammette infatti delle eccezioni: il caso più emblematico e diffuso è quello del Bed & Breakfast a gestione non imprenditoriale, che svolge la sua attività in modo occasionale (non continuativo) e non professionale. Si tratta spesso di piccole realtà domestiche che mettono a disposizione, per ottenere una ulteriore fonte di reddito, poche stanze arredate all’interno di un’unità immobiliare adibita a dimora abituale di un nucleo familiare: i periodi in cui le stanze sono occupate sono intervallati da periodi anche lunghi in cui non vi sono ospiti alloggiati (una situazione che caratterizza, ad esempio, molte località balneari della penisola, dove l’ospitalità mostra un forte andamento stagionale). Generalmente le normative turistiche regionali impongono un limite esplicito al numero di giorni di apertura annuali dei Bed & Breakfast a gestione non imprenditoriale, o comunque specificano che l’attività deve essere saltuaria e che essa non può costituire l’unica fonte di reddito del gestore. Ne consegue che sui gestori di Bed & Breakfast a gestione non imprenditoriale (che non rientrano nelle attività d’impresa pur essendo a tutti gli effetti delle strutture ricettive) non gravano gli obblighi di apertura della partita IVA né di iscrizione alla Camera di Commercio. In caso di controlli, qualora sia verificata la violazione dei limiti imposti dalla normativa, si incorre nel rischio di essere riqualificati come attività imprenditoriale, con conseguenti sanzioni e l’obbligo di versare retroattivamente imposte e contributi. È quindi importante non abusare della possibilità offerta dalla legge di gestire un B&B in forma non imprenditoriale per non ritrovarsi successivamente in grossi guai con il fisco. Oltre che nel caso dei B&B, alcune normative regionali ammettono la gestione non imprenditoriale per gli affittacamere e le case vacanza, con limiti simili a quelli previsti per i B&B.

Al di fuori di queste eccezioni una struttura ricettiva si configura sempre come attività imprenditoriale. A seconda della forma giuridica dell’attività e dell’ammontare dei ricavi, si applicano diverse imposte: IRPEF (Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche), che si applica a ditte individuali e società di persone; IRES (Imposta sul Reddito delle Società), che si applica invece a società di capitali (come S.r.l. o S.p.A.). Per le attività con ricavi contenuti (fino a 85.000 euro) si può però optare per un regime fiscale di vantaggio, detto regime forfettario, che è spesso il più conveniente sia dal punto di vista delle imposte da versare sia in termini di tempo, per la presenza di una gestione semplificata rispetto al regime ordinario: in tal caso la tassa da pagare sui ricavi prende il nome di Imposta sostitutiva. Si badi che le tre diverse imposte sui ricavi dell’attività imprenditoriale sono alternative, non si sommano.

Chi adotta il regime forfettario è anche escluso da tutto quello che concerne l’IVA. È chiaro l’intento del legislatore di non gravare eccessivamente sulle piccole attività e di contribuire anzi a lanciarle verso un potenziale ulteriore sviluppo. L’IVA deve essere invece calcolata e versata da chi gestisce l’attività con il regime ordinario. L’IVA sulle prestazioni di alloggio (pernottamento) è del 10%, ma per i servizi accessori si applica in genere l’aliquota standard del 22%. Come sempre l’IVA da versare non è costituita dall’intero importo dell’IVA incassata dai clienti ma solo dalla differenza tra l’IVA incassata e quella versata per lo svolgimento della propria attività. Pertanto, se le spese di gestione sono sostenute, l’ammontare dell’IVA da versare può azzerarsi quasi completamente. La tenuta dei registri IVA permette di quantificare con esattezza la somma da versare allo Stato periodicamente.

Vi è poi il versamento dei contributi previdenziali INPS che grava sia sul regime ordinario che sul regime forfettario, ma solo per chi gestisce l’attività come ditta individuale o come società di persone. L’impresa ricettiva di fatto è il lavoro del o dei titolari, pertanto come per ogni altra forma di lavoro regolare si pagano sia le tasse sui redditi che i contributi pensionistici. Alcune categorie di impresa devono anche versare delle somme minori alle Regioni attraverso l’IRAP (Imposta Regionale sulle Attività Produttive).

Questo in estrema sintesi è quanto concerne la tassazione dei redditi d’impresa tipici di una struttura ricettiva. La materia complessa può a prima vista spaventare il neofita ma è doveroso osservare che, dopo aver calcolato deduzioni, detrazioni ed aliquote, non di rado l’ammontare delle tasse versate allo Stato per i redditi d’impresa è minore rispetto a quanto dovuto per la tassazione dei redditi d’affitto. Dunque occorre cautela nel giudizio ed uno studio attento delle possibilità offerte dalla normativa fiscale.

I servizi turistici accessori

Le strutture ricettive possono di norma erogare servizi turistici accessori in aggiunta al soggiorno e ai servizi ad esso strettamente correlati (come il servizio di pulizia dell’alloggio e di cambio della biancheria). Dunque, per servizi turistici accessori si intendono tutte quelle prestazioni che non sono strettamente necessarie per il pernottamento ma che vengono offerte al solo scopo di arricchire l’esperienza del cliente. I servizi turistici accessori sono un elemento fondamentale che, dal punto di vista legale, differenzia una struttura ricettiva (come un hotel, un B&B o un agriturismo) da un semplice alloggio destinato ad affitti brevi. Si considerano servizi accessori:

  • Servizi di ristorazione: preparazione e somministrazione di pasti (pranzo, cena) o bevande oltre la colazione (se obbligatoria per legge, come nei B&B). L’allestimento di un vero e proprio servizio di bar o ristorante rientra in questa categoria.
  • Servizi per la cura della persona: servizi di lavanderia e stireria a pagamento per gli ospiti.
  • Organizzazione e intermediazione: organizzazione di escursioni, visite guidate, corsi, noleggio di biciclette, sci o attrezzatura sportiva. Anche la semplice funzione di concierge (es. prenotazione di ristoranti, taxi, biglietti) può rientrare in questo ambito.
  • Servizi di reception e accoglienza: la presenza di una reception con orari di apertura fissi e la disponibilità di personale dedicato all’accoglienza degli ospiti, che va oltre la semplice consegna delle chiavi.
  • Servizi e spazi aggiuntivi: l’offerta di aree ricreative (es. piscina, palestra, sauna, sala giochi, spa) o l’organizzazione di eventi e cerimonie all’interno della struttura.
  • In sintesi, i servizi accessori sono il tratto distintivo di una gestione professionale e organizzata. L’assenza di questi servizi, invece, è la caratteristica principale degli affitti brevi, che si limitano a fornire l’immobile arredato senza alcuna prestazione aggiuntiva. I servizi accessori erogabili variano a seconda della categoria di struttura ricettiva e della normativa regionale.

    B) Locazioni Turistiche (Affitti Brevi / Airbnb)

    Cosa accade se invece chi si accinge ad ospitare turisti nel proprio alloggio non è intenzionato a fornire servizi turistici accessori e dispone di un semplice appartamento (o di una villa) che vuole affittare parzialmente o per intero? Si entra così nel campo dei veri e propri affitti, normalmente differenziati tra lungo, medio (transitori) e breve termine. Nel lungo termine rientrano i Contratti a Canone Libero (o 4+4 anni) e i Contratti a Canone Concordato (o 3+2); il medio termine è costituito dai Contratti Transitori (fino ad un massimo di 18 mesi), di cui i Contratti per Studenti Universitari costituiscono una forma speciale; infine gli affitti brevi hanno una durata massima di 30 giorni e sono ormai diventati una modalità comune in Italia di messa a reddito di un alloggio.

    Nel lessico comune, gli alloggi destinati agli affitti brevi sono molto spesso chiamati impropriamente “Airbnb“. Questo accade perché Airbnb è stato il pioniere e il portale più diffuso a livello globale per la prenotazione di alloggi di questo tipo. Di conseguenza, come in altri casi analoghi, il nome del brand è diventato un termine generico per indicare l’intera categoria di alloggi destinati ad affitti brevi. Dal punto di vista normativo sarebbe tuttavia più corretto definire tali alloggi locazioni turistiche o, come nella terminologia adottata dalla Regione Lazio, alloggi ad uso turistico. Dunque, per ricapitolare, con affitti brevi si definisce una tipologia di affitto che non può superare la durata di 30 giorni. I termini locazione turistica e alloggio ad uso turistico fanno invece riferimento all’immobile che si vuole destinare agli affitti brevi.

    In anni recenti il legislatore italiano è intervenuto ripetutamente per inquadrare il fenomeno emergente degli affitti brevi, fino alla recente riforma promossa dal governo Meloni (DL 18 ottobre 2023, n. 145) che ha istituito l’obbligo di richiedere il Codice Identificativo Nazionale (CIN) per gli alloggi destinati ad affitti brevi, allo scopo di censirli e metter fine alle irregolarità. Si è infatti contestualmente imposto ai portali web che pubblicizzano questo genere di locazioni turistiche (in primis Airbnb e Booking) di bloccare la pubblicazione degli annunci sprovvisti del CIN. Per la verità Airbnb permette ancora di mantenere pubblicato l’annuncio di un alloggio privo del CIN ma questo viene mostrato solo a chi cerca soggiorni superiori a 30 giorni, per i quali non si applica la normativa relativa agli affitti brevi ma quella per gli affitti a medio termine. I portali del settore sono inoltre tenuti, in qualità di sostituti d’imposta, a trattenere e versare allo Stato le tasse dovute per gli affitti, un obbligo che si applica quando il locatore è un privato che agisce in modo non professionale, al di fuori dell’attività d’impresa.

    L’impossibilità di fornire servizi turistici accessori non implica che il gestore dell’alloggio ad uso turistico non possa fornire alcuni servizi essenziali per il pernottamento: questi includono la pulizia dell’alloggio prima del soggiorno, la fornitura della biancheria pulita e di un eventuale kit di benvenuto con saponi e detergenti per il corpo. In questo caso non si tratta di servizi accessori ma di servizi essenziali per il regolare svolgimento del soggiorno. Inoltre, per tornare al già citato esempio del gestore che organizza un’escursione per i propri ospiti, nessuna norma vieta al gestore di una locazione turistica di svolgere questa attività per gli ospiti a titolo di amicizia, a patto dunque che non sia prevista alcuna retribuzione.

    La locazione turistica può interessare un’intera unità immobiliare (è il caso più frequente) o essere parziale, limitandosi anche solo ad una camera, esattamente come accade con i normali contratti di affitto. Tuttavia è vietato affittare indipendentemente due camere all’interno della stessa unità immobiliare: si tratterebbe in quel caso di un’attività di B&B o affittacamere svolta illegalmente.

    Regime fiscale delle locazioni turistiche (affitti brevi)

    Come detto poco sopra a proposito del regime fiscale delle strutture ricettive, nella maggior parte dei casi risulta vero che struttura ricettiva = redditi d’impresa e che affitti brevi = redditi fondiari (da affitto). Abbiamo quindi analizzato l’eccezione costituita dal B&B a gestione non imprenditoriale, che pur essendo una struttura ricettiva non si configura come attività d’impresa. Ed abbiamo visto in sintesi quali sono le tasse che gravano sulle strutture ricettive imprenditoriali.

    Le locazioni turistiche non sono per natura strutture ricettive e in genere non sono neppure considerate attività d’impresa, configurandosi come semplici affitti di un bene immobile privato: ne consegue, per esempio, che nulla vieta che gli affitti brevi siano intercalati da periodi di affitto a medio termine (contratti transitori). Ed è anzi questa una pratica comune per chi gestisce questo genere di alloggi, in particolare per garantire un’occupazione soddisfacente durante i periodi di bassa stagione nelle grandi città. Dunque, per gestire un alloggio destinato ad affitti brevi non è in genere necessario aprire una partita IVA né iscriversi alla Camera di Commercio.

    Tuttavia ci sono casi in cui anche per la gestione di locazioni turistiche è necessario operare a tutti gli effetti come un’attività d’impresa: il DL 18 ottobre 2023, n. 145, oltre ad imporre l’obbligo di richiesta del CIN a chi intende affittare il proprio alloggio per brevi periodi, ha indicato un limite massimo di 4 alloggi sul territorio nazionale destinati dallo stesso soggetto ad affitti brevi; superato tale limite, l’attività si intende svolta a livello imprenditoriale e dunque il locatore dovrà munirsi di partita IVA e seguire le normative inerenti le attività d’impresa, dichiarando i ricavi non come redditi fondiari ma come redditi d’impresa. Questa circostanza ovviamente non muta la natura non ricettiva della locazione turistica, e pertanto sarà sempre valido il divieto di fornire servizi turistici accessori agli ospiti. In termini più semplici, se un soggetto destina fino a 4 alloggi ad affitti brevi lo Stato riconosce ai ricavi conseguiti la natura di semplici affitti, ma se gli alloggi destinati ad affitti brevi da uno stesso soggetto sono più di 4 per lo Stato si tratta di una vera e propria attività imprenditoriale; dunque lo Stato non è più disponibile a riconoscere a quei ricavi la natura di affitti ma li considera a tutti gli effetti redditi d’impresa. Questo cambia completamente non solo il tipo di tasse cui quei ricavi sono soggetti ma anche gli importi, che non necessariamente risulteranno superiori rispetto alle tasse da versare nel caso in cui quei ricavi siano considerati affitti.

    A complicare il quadro intervengono le norme regionali. Ad esempio il Regolamento regionale n. 14/2017 della Regione Lazio impone un limite massimo di due appartamenti destinati ad affitti brevi da un soggetto nel territorio dello stesso Comune. Se sono proprietario di tre appartamenti a Roma e desidero destinarli tutti ad affitti brevi, la normativa regionale me lo impedisce e dovrò rinunciare a mettere a reddito in questo modo uno dei tre alloggi. Posso però registrare due appartamenti per affitti brevi e destinare il terzo a casa vacanze o affittacamere, rispettando i relativi requisiti.

    Tutto questo apre il campo ad un’altra considerazione: posso aprire la partita IVA e gestire una locazione turistica come attività d’impresa anche se dispongo di meno di 5 alloggi? Ed è questa un’opportunità da prendere in considerazione anche per ridurre in modo legale il carico fiscale? Assolutamente sì. Il gestore di una locazione turistica può scegliere fin dal principio di operare con una gestione di tipo imprenditoriale e può fare questa scelta anche se dispone di un solo alloggio destinato ad affitti brevi, e tale scelta può risultare perfino conveniente rispetto alla tassazione prevista per gli affitti brevi, soprattutto grazie al regime forfettario. È dunque auspicabile che chi prende la decisione di destinare un alloggio ad affitti brevi valuti prima con un commercialista esperto l’opportunità o meno di operare in modo imprenditoriale.

    I redditi fondiari (che comprendono i redditi da locazione di immobili) sono soggetti a IRPEF. Il reddito derivante dall’affitto viene sommato a tutti gli altri redditi del contribuente (ad esempio, lo stipendio) e l’importo totale viene tassato secondo le aliquote progressive dell’IRPEF, che aumentano all’aumentare del reddito. Tuttavia, esiste un’alternativa molto diffusa, che è la cedolare secca. La cedolare secca è un regime fiscale opzionale che permette di tassare i redditi da locazione con un’aliquota fissa e sostitutiva (che corrisponde al 21% o 26% del canone per gli affitti brevi), applicata in sostituzione delle aliquote progressive dell’IRPEF. Scegliendo questo regime, non si pagano dunque l’IRPEF e le addizionali comunali e regionali.

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    Le informazioni contenute in questo articolo hanno solo scopo divulgativo e orientativo e non costituiscono consulenza legale o fiscale. Per verifiche ed approfondimenti, è sempre consigliabile rivolgersi a un professionista qualificato.

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